29/03/09

Il Ponte di Pietra


Se, nel I° secolo dopo Cristo, aveste voluto visitare Augusta Praetoria (Aosta), venendo da ovest (dal Piemonte), avreste dovuto attraversare il torrente Buthier su un ponte di pietra a sesto ribassato dalla sommità del quale avreste potuto ammirare, centocinquanta metri più a ovest, l'arco onorario di Augusto. Passati sotto l'arco vi rimanevano altri 200 metri per entrare in città attraverso le Porte Pretoriane.


Se aveste voluto venire ad Aosta nel XII° secolo avreste attraversato il torrente Buthier su un ponte di legno posto in vista dell'arco di Augusto, 15 metri più a ovest. Un'alluvione aveva spostato il letto del torrente rendendo inutile il vecchio ponte romano che però è in uso ancora oggi.


Il nuovo ponte viene citato per la prima volta in un testo ufficiale nel 1191 come ponte dell'Arco di Augusto o anche ponte di legno, in contrapposizione al vecchio Ponte di Pietra.
Il ponte di legno venne bruciato nel 1691 dai francesi e ricostruito in pietra poco dopo ma ad Aosta il nome Ponte di Pietra indica ancora e sempre il vecchio ponte romano.

Col tempo, attorno al vecchio ponte nacquero delle case e delle attività commerciali, la Borgata del Ponte di Pietra. Ormai quelle case sono diventate un quartiere della città e viene ancora chiamato il Borgo o Ponte di Pietra nonostante l'impegno che l'amministrazione comunale mette ad assegnargliene altri :-)


Oltre ad essere un ponte pedonale che attraversa un prato, il Ponte di Pietra ha anche la caratteristica di sorgere in mezzo a case, cartelli stradali, alberi ecc. Fotografarlo è una bella sfida. (Se riuscite evitate di fare come abbiamo fatto noi che abbiamo scelto una giornata di fine inverno con il cielo limpido e il sole radente :-(

23/03/09

Lo Salignoùn (quasi)

Questo è quanto dicono i sacri testi:

Valorizzazione del patrimonio gastronomico della Valle d'Aosta (istituzione dell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali) Art. 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n.173


Scheda identificativa

La metodica di lavorazione non è mai stata codificata in maniera definitiva ed accettata da tutti i produttori ma è stata tramandata oralmente tra le diverse generazione; se ne desume che il metodo descritto è una accettabile metodica di produzione che può subire modifiche in base alla tradizione tramandata di padre in figlio.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:

Al séras fresco si aggiungono sale, olio, un goccio d’aceto e spezie varie a piacimento (pepe, cannella ecc.). Prodotto piccante, il séras viene impastato con sale, olio e polvere di peperoncino, aglio, ginepro, finocchio, cumino o erbe e fiori essiccati per dare più risalto all’aroma, fino ad ottenere una pasta omogenea. La pasta ottenuta assume quindi il colore delle spezie ed erbe aggiunte che tende al rosa.


Noi, per non fare ancora una volta una ricetta irrealizzabile fuori valle, ne abbiamo fatto una versione più internazionale usando la ricotta, più cremosa e grassa ma pur sempre simile al séras (la cui storia vorremmo lasciar raccontare ad un produttore. Arriva, arriva!)

Abbiamo ridotto in polvere:
qualche scheggia di peperoncino
una bacca di ginepro
erba cipollina
cumino
santoreggia

e l'abbiamo versata sulla ricotta posta in una ciotola.


Abbiamo aggiunto:
un cucchiaio d'olio
un paio di cucchiai di aceto
un pizzico di sale

Una volta mescolato non resta che lasciarlo riposare qualche ora in frigo.
Oggigiorno viene proposto come antipasto.
L' et fran bon !!!

21/03/09

Ifourié


In altri villaggi dicono: iforiè. Spostandosi un po' éforié. Altrove forié o fourié o, la dove aspirano la r, foiè e vuole sempre dire Primavera.

19/03/09

Campanilismo








17/03/09

Contrasti

16/03/09

Tagliolini Lardo e Miele


In quasi tutti i ristoranti dove si fa cucina valdostana vi serviranno, come antipasto o stuzzichino con l'aperitivo, una fetta di Pan Ner spalmata con un velo sottilissimo di Miele di Castagno con sopra una fetta di Lardo di Arnad. Ai tempi dei nostri nonni non era usanza. Lo stesso concetto di antipasto non fa parte della tradizione di questa valle, tranne... quelle pochissime volte in cui la presenza di pane fresco consentiva di iniziare il pasto con una prelibata quanto rara fetta di pane con burro e miele. Viene da pensare che un giorno qualcuno, magari un ristoratore, l' abbia trasformata in pane, miele e lardo. Di sicuro ha avuto un successo strepitoso ed è stata adottata già da alcuni anni, a occhio una ventina, da tutti gli altri e, anche a casa Tartifla, come in molte altre della valle, viene offerta ad ospiti ed amici.
E' già diventata tradizione? A voi l'ardua sentenza.
Quella che non è sicuramente tradizionale è la ricetta che abbiamo messo insieme nei giorni scorsi utilizzando gli stessi ingredienti e il ricordo di un piatto stupendo fatto da un cuoco che, purtroppo, ha cambiato mestiere.

Per due porzioni :
50 g di farina tipo "0"
50 g di farina di segale bianca (cioè setacciata mentre nel pan ner è integrale)
un uovo (questo è l'unico ingrediente estraneo;-)
un pizzico di sale
8 fettine di lardo di Arnad
2 cucchiaini rasi di miele di castagno.

In una ciotola abbiamo pesato la farina, mescolata con la forchetta e creato un cratere. In una ciotola più piccola abbiamo rotto e sbattuto brevemente l'uovo con un pizzico di sale. Unito l'uovo alla farina abbiamo impastato ancora per 5 o 6 minuti dopo che il composto è diventato uniforme. Avvolto nella pellicola l'abbiamo lasciato riposare in frigo per un'oretta. Lavorata la pasta con una delle celebri macchinette, l'abbiamo tirata al penultimo livello di spessore e tagliata a tagliolini sottili e lasciati riposare una mezz'oretta. Mentre l'acqua bolliva abbiamo tagliato a pezzetti 2 delle 8 fettine di Lardo di Arnad e le abbiamo messe a fondere a fuoco lento in una padella. Nel mentre abbiamo tagliato a striscioline sottili le altre 6 fette.
Quando il lardo si è sciolto, abbiamo tolto i residui (ciccioli) che vanno buttati (si fa per dire :-).
Al lardo fuso e ben caldo abbiamo aggiunto le striscioline che vanno fatte imbiondire brevemente mentre la pasta cuoce. Colata la pasta, che impiega un paio di minuti in più a cuocere rispetto a tagliolini di solo frumento, e messa nei piatti vi abbiamo versato sopra un po' di lardo fuso, le striscioline di lardo croccante e il miele a filo (con una forchetta).
Buon Appetito. Alla faccia del colesterolo!!!

12/03/09

In Valle d'Aosta c'è...

...un castello ogni 150-200 abitanti, circa

Ma ci sono anche resti di epoca Romana,

Campanili,

Ponti...
...e altro ancora. Poco per volta proveremo a presentarveli, magari con l'aiuto di qualcuno più esperto di noi.

09/03/09

Torta di Mele


Questo dolce è tradizionale di... tutto il nord Italia? tutto l'arco alpino? insomma, un sacco di posti tra i quali la Valle d'Aosta. Noi l'abbiamo reso tipico usando del pan ner e le meline di Plantery.
Da una brevissima indagine tra i giovani colleghi abbiamo scoperto che, seppur raramente, viene ancora preparato dalle loro mamme (nostre coetanee :-(


Ingredienti per una teglia cm 18x22 (6 porzioni):

300 g di pane raffermo
100 g di zucchero
500 g di latte
500 g di mele pesate già mondate
30 g di burro
2 tuorli

Abbiamo tagliato il pane vecchio di alcuni giorni in quattro quindi a fettine sottili (tra il mezzo centimetro e il centimetro). Abbiamo sbucciato le mele chiacchierando (le meline sono piccole e vizze quindi lunghe da sbucciare). In una padella abbiamo fatto sciogliere metà del burro e vi abbiamo fatto leggermente dorare le fette di mela mentre in una ciotola abbiamo lavorato lo zucchero con i tuorli diluendo infine con il latte.
In una pirofila di 18 cm x 22 abbiamo steso un primo strato di fette di pane, un paio di mestoli della pastella, poi le mele saltate in padella quindi un secondo strato di pane. Abbiamo versato sul tutto la rimanente pastella, appoggiato una scaglietta di burro su ogni fetta e infornato a 180° per 40 minuti.

04/03/09

Tradizionale o Tipico


In molti ristoranti nonché in molte case valdostane vi offriranno la famosissima Fonduta, è un piatto tipico valdostano. I nostri nonni però non la facevano e nemmeno la conoscevano quindi la Fonduta non è un piatto tradizionale valdostano. (Qui potremmo aprire una parentesi sull'origine piemontese delle fonduta ma è un'altro discorso)
Piatto Tipico Valdostano o Piatto Tradizionale Valdostano, come definire certe ricette ?

In alcuni casi è facile:
Il beuro colò (burro chiarificato) si trova in molti piatti offerti nei ristoranti, è nuovamente reperibile presso diversi caseifici e punti vendita, si prepara ancora per il consumo famigliare e lo facevano sicuramente nonni, bisnonni e bisbisnonni. Una tipica tradizione perpetuata nei secoli.

In altri casi è più difficile:
La Seupa alla Vapelenentse, della quale abbiamo già parlato, si trova nei ristoranti come nelle case dei valdostani ed è sicuramente tipica ma le nostre nonne ne facevano decine di versioni diverse e nessuno ricorda seupe gratinate al forno prima degli anni '50.
E' solo tipica o è una tradizione che si è evoluta?

C'è di peggio:
Un musicista nato ad Aosta da genitori valdostani suona l'organetto diatonico.
Un altro nato anche lui ad Aosta da mamma valdostana e papà altoatesino suona l'oboe
Un terzo nato a Villa San Giovanni da genitori calabresi suona le percussioni
Insieme fanno jazz: non è ne tipico ne tradizionale delle nostre zone ma sono cresciuti, hanno studiato e suonano in Valle d'Aosta quindi sono valdostani. E la loro musica? E' un prodotto valdostano? E se cantassero il jazz in patois?

A nostro parere tutto ciò che si produce in Valle d'Aosta merita di essere visto, conosciuto e raccontato come valdostano facendo però il dovuto distinguo tra Tradizionale, Tipico o Contemporaneo.

P.S. la statua della foto l'aveva scolpita papà Lorenzo.

02/03/09

Una Soça


Perché Una e non La Soça? Perché ce n'è una per ogni valdostano o quasi. Intanto c'è chi la chiama soça chi sorça chi sorcha (pronuncia: sosa, sorsa, sorscia) eppoi c'è quella invernale, quella primaverile, quella autunnale... C'è quella con il lardo, la carne bovina, suina, salata...
Insomma, questa è Una delle tante. Una che abbiamo preso dalla ricetta del ristorante "Lou Tchappé" di Cogne pubblicata su "Ricette di Osterie e Ristoranti della Valle d'Aosta" Slow Food Editore.


Noi l'abbiamo interpretata così:

Ingredienti per quattro persone (tenete presente che è un piatto unico)

350 g di carne sotto sale (tseur achétaye)
200 g di cavolo verza
600 g di patate (tartifle, in questo caso Agria del nostro orto)
50 g di Fontina
1 litro d'acqua
1 porro (piccolo)
una foglia di alloro e una di salvia
1/4 di spicchio d'aglio, circa ;-)
una noce di burro

Se non avete una macelleria valdostana nei paraggi potete mettere la carne sotto sale con rosmarino, salvia e aglio in frigo per quattro o cinque giorni in un contenitore ermetico.

Lavate ripetutamente la carne per togliere il sale e tagliatela a cubetti di 2 centimetri di lato.
Lavate e tagliate a grossolanamente il cavolo.
Lavate e tagliate a rondelle fini il porro, mettetelo in una pentola con l'acqua, l'alloro e portate ad ebollizione. Quando l'acqua bolle, aggiungete il cavolo e la carne e lasciate cuocere per 50 minuti circa. A questo punto mettete in pentola le patate pelate e tagliate a fette di mezzo centimetro di spessore e fate cuocere altri 50 minuti. Aggiustate di sale se dovesse servire.


Quando le patate saranno cotte rompete grossolanamente quelle che ancora saranno intere, con una schiumarola mettetele in una pirofila poi aggiungete il liquido rimasto. Tagliate la Fontina a fettine sottili e distribuitele sulla sorça, cospargete il tutto con il burro fuso e mettete in forno caldo a 180° per alcuni minuti. La Fontina deve fondere ma non gratinare, così come deve sottolineare i sapori senza sovrastarli (per questo sembra così poca).


Noi abbiamo usato una Fontina del signor Abram proveniente dall'alpeggio della Conca di By (si legge Bi), casello 242 e 243 (è stampigliato profondamente su ogni forma). L'abbiamo comprata alla Cooperativa Fontina di Saint Christophe.
Eccola nelle mani della signora Marisa.